1. La prima volta sbagliata – parte 3


    Data: 26/11/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: Darkdaddy, Fonte: Annunci69

    Alcuni giorni dopo Filippo andò in libreria per ritirare dei libri che aveva ordinato. Mentre si aggirava tra gli scaffali, notò all’esterno un ragazzo, vestito con una tuta da lavoro, che trasportava del materiale edile: era Devis.
    
    Indeciso se nascondersi o palesarsi, decise di seguirlo a distanza. Lo vide entrare in un cantiere di una casa in ristrutturazione: c’erano altri due operai con lui, uno dei quali assomigliava terribilmente all’uomo che li aveva raggiunti nel bagno turco. Rimase imbambolato ad osservare l’interazione tra i tre, e cercò il cartello dei lavori, per scoprire il nome della ditta. “Zavaldi & Co.”, recitava la scritta. Rimase a spiarlo per circa mezz’ora, durante la quale Devis e l’uomo del bagno turco uscirono spesso per recuperare del materiale. Il terzo rimaneva lì a lavorare, nascosto dalle impalcature. Dopo essere rientrati per l’ennesima volta nel cantiere, Filippo decise di tornare a casa, quando il terzo si palesò all’improvviso. Era un uomo ben piazzato, di un’età indefinita tra i quarantacinque e i cinquantacinque, capelli rasati e sguardo torvo. Non assomigliava né a Devis, né tanto meno all’altro uomo. Andò al bar lì vicino, non prima di essersi fumato una sigaretta. Era talmente concentrato sul terzo, che non si accorse di Devis alle sue spalle.
    
    “Allora ti è piaciuto l’altra sera, eh? Sei venuto a cercarmi al lavoro! Proprio una troietta…”, disse, accarezzandogli il mento.
    
    “Io… ti ho visto passare… non ti stavo cercando…”, balbettò ...
    ... Filippo, imbarazzato per essere stato colto sul fatto, e per non sapersi giustificare in maniera migliore.
    
    “Tsk tsk… hai voglia di questo, tu – afferrandosi il pacco in maniera molto vistosa – se vuoi, ti concedo l’onore di avere il mio numero di telefono. Anzi, dammi il tuo così non mi scappi più”, proclamò estraendo il cellulare dal taschino.
    
    Filippo si ammutolì, incapace perfino di muovere un muscolo.
    
    “Allora? Mica possiamo far notte, io devo lavorare”.
    
    “Ok, ok, eccotelo – glielo dettò – però mi raccomando…”.
    
    “Mi raccomando cosa? Mica ti scopo chiamandoti”, ridendo beffardamente, e tornando verso il cantiere. L’uomo del bagno turco lo stava guardando, salutandolo con la mano. Filippo scappò via.
    
    La sera stessa ricevette un messaggio da un numero sconosciuto, ma il cui proprietario era ben facilmente individuabile. ‘Spritz tra mezz’ora al bar davanti alle piscine comunali’. Non era un invito, era un ordine. E lui, incredibilmente, gli obbedì. Che fosse stato stregato dal fascino dello stronzo figo?
    
    Devis indossava ancora la tuta da lavoro, con la zip abbassata fin sotto i pettorali: ovviamente non portava una t-shirt sotto. Sorrise quando lo vide arrivare.
    
    “Ero sicuro che saresti venuto. Questo giro lo offro io”.
    
    “Non so nemmeno io perché sono venuto”.
    
    Rise sguaiatamente, guardandolo come se fosse un povero scemo.
    
    “Ma è chiaro perché sei venuto! Ti sei già innamorato dei miei ventidue centimetri di lattina!”.
    
    Filippo arrossì, guardandosi ...
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