La lunga notte – cap. 8
Data: 24/08/2020,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Racconti Erotici,
Autore: Lord Byron, Fonte: RaccontiMilu
Cap. 8
Il ronzio del cellulare sembra lontanissimo, perso in una nebbia spessa come una coltre di panna. La mia mano annaspa sul piano del comodino, mentre la testa si sforza per attivarsi. Che accidenti di ore sono? Sul display le cifre indicano le 10 e 37. E lampeggiante, in sincrono con la suoneria, il nome di Francesco. Rifiuto la chiamata. Ho dormito poco e male, sono stanca, non ho voglia di sentirlo. Pochi secondi e squilla di nuovo. Alla terza chiamata rispondo. “Che vuoi’?” dico combattendo il pulsare dell’emicrania. “Buongiorno, ti ho svegliata? Mi spiace, capisco che per te che lavori di notte le dieci e mezza siano l’alba, ma qui in ufficio è dalle otto che si tira la carretta.” ride. “Francesco, che vuoi da me?” ripeto tra lo stanco e lo scocciato. “Dai, non devi essere arrabbiata con me. Facciamo così, passa dal mio ufficio per l’una che ti invito a pranzo” “Non voglio mangiare con te, devi solo lasciarmi in pace, ok?” “Ehi, ehi, ehi… dobbiamo parlare e a tavola si parla meglio. Abbiamo un segretuccio tutto nostro, abbastanza ben documentato. Io sono sicuro che sia meglio parlarne. All’una da me. In abiti da lavoro” “Senti stronzo…” ma l’insulto si infrange contro il mutismo del cellulare, ha riattaccato. Le dita preparano furiose la richiamata, poi finalmente il cervello esce dal suo torpore. Cazzo, questo è un vero casino. Devo trovare una soluzione, ma non so quale. Mi alzo e cerco nel mobiletto dei medicinali due aspirine. La doccia come sempre mi ...
... rilassa, mi calma e allontana le fitte alle tempie, mentre cerco di riflettere. Ripenso alle parole della conversazione della sera precedente. Cerco di ricordare quanto possano essere compromettenti, quanto possa essere inequivocabile la situazione, il contesto. Francesco aveva i cellulari nelle tasche della giacca, la registrazione potrebbe essere confusa, la mia voce irriconoscibile… Cerco di ricordare. Quello con cui registrava era nella tasca destra, dalla mia parte, abbastanza vicino quindi. Però c’era il tessuto, forse i fruscii dello sfregamento… bisognerebbe sentirla per capire se effettivamente ha qualcosa in mano o no. Bisogna che vada all’incontro, questo è sicuro.
Una meno cinque, scendo da un taxi di fronte al portone dell’ufficio di Francesco. Pago i venti euro della corsa con un piede già fuori dell’auto, con la coda dell’occhio incrocio lo sguardo di un passante che fissa la mia coscia, l’autoreggente che sporge dalla mini lo incanta come un cobra. Attraverso il marciapiede, la porta a vetri mi catapulta nel fresco dell’aria condizionata all’interno dello stabile. Mi appoggio con le spalle alla parete dell’ascensore che sale rapido verso il quinto piano. Lo specchio riflette la mia immagine, i tacchi da 12 slanciano le gambe, velate dalle calze. Tiro più su in vita la mini, portando il bordo inferiore a filo dell’elastico dell’autoreggente. La camicetta bianca, trasparente, non nasconde i miei capezzoli liberi che sfregano lievemente contro il tessuto, ...