Che dessert
Data: 20/02/2020,
Categorie:
Lesbo
Autore: Jessika85, Fonte: Annunci69
Il ristorante è in penombra. Le luci soffuse e discrete ai lati dei tavoli, creano ombre danzanti che si riflettono sui visi degli ospiti. I camerieri scivolano silenziosi raccogliendo le ordinazioni e servendo le vivande. Tutto l’arredamento del locale è in uno stile futurista ed essenziale, completamente impersonale.
Sono qui con Luca che da qualche mese è il mio partner: noi, come altri ad eccezione di qualche sprovveduto avventore ignaro della vera natura del locale, siamo qui non tanto per cenare, ma in attesa di accedere al piano sottostante che ospita, da qualche tempo, un privè. Un locale raffinato, esclusivo, mantenuto tale dai prezzi proibitivi delle quote di associazione, ma pur sempre un puttanaio autorizzato, un postribolo di lusso, il parco giochi di adulti abbienti e viziosi.
Le coppie che ritroverai, di lì a poco, al piano di sotto, le riconosci subito: le donne sono abbigliate da “strappone” di lusso, con tutto in vista o suggerito con abilità, il messaggio che ognuna di noi si ripropone di lanciare è: “sono padrona della mia sessualità e la esercito liberamente, senza costrizioni di sorta”.
Siamo già stati qui diverse volte e ormai anche il contesto implicitamente trasgressivo, comincia ad assumere sfumature di noia, di ripetitività.
Luca è in aspettativa, come sempre, si guarda attorno scandagliando i presenti, alla ricerca della preda pregiata da tallonare da vicino: ho provato più volte inutilmente a spiegargli che chi caso mai avesse ...
... qualcosa di davvero strepitoso da scambiare, non verrebbe a proporlo qui, ma il vizio, la noia, la rincorsa di un’emozione ad ogni costo, lo spingono a ripropormi con pervicacia, la frequentazione periodica.
Io non mi guardo nemmeno intorno, è inutile: Luca adocchierà la “meno peggio” che non è sinonimo della migliore, e se questa è accompagnata da qualche mostruoso esemplare della razza maschile, a me poi tocca l’ingrato compito di tenerlo a bada, concedendo quel minimo che giustifichi “lo scambio”.
A volte mi chiedo perché lo assecondo in questo modo, trascinando queste serate eterne che si concludono all’alba, con la bocca impastata dai svariati drinks, la pelle sudata e appiccicosa dai troppi contatti, la testa vuota, i sensi sfiniti dall’eccesso di allerta… sarà per noia, sarà per pigrizia, mi rispondo.
A volte, quando torniamo a casa disfatti, dopo una notte inutile, mi scopa selvaggiamente, come non fa più da tempo, forse a risarcirsi di tante aspettative non mantenute e a volte commenta, ributtandosi di fianco dopo essere venuto: «Cazzo, anche stasera eri tu la migliore…» e capisco che lo dice con una sorta di delusione infantile, quella di un giocattolo negato, di un capriccio insoddisfatto.
Nell’atmosfera ovattata del locale, dove tutti bisbigliano con discrezione, quasi fossimo in un museo o in una chiesa, di fronte a noi si siede una coppia e qualcosa, nell’ondeggiare dei capelli di lei, mi porta a fissarli, invece di tributar loro l’abituale sguardo ...