Il figlio dell'onorevole.
Data: 04/08/2025,
Categorie:
Tradimenti
Tue Racconti
Autore: pennabianca, Fonte: RaccontiErotici.top
Mi chiamo Matilde, ho 37 anni e sono insegnante di inglese alle scuole medie. Sono una bella donna, alta un po’ più della media, occhi e capelli neri, con un bel seno (una 4a piena) ed un culo bello alto e sodo. Sono sposata con Michele da due anni e sono ancora alla ricerca di una scuola che non sia troppo distante da casa mia. Da quando mi son laureata faccio supplenze sempre in scuole situate in culo al mondo. Oggi son andata in Provveditorato a prendere la mia assegnazione per il prossimo anno. Appena entro, una solerte segretaria, mi consegna una busta e quando l’apro mi incazzo di brutto.
«E NO CAZZO! Ancora un posto in culo al mondo! Accidenti! Ma come si fa a poter lavorare almeno nelle vicinanze di casa?»
Lei mi fa un sorrisetto ironico e poi se ne va, con me che non ho nessuna voglia di farmi un’ora e mezzo di auto per insegnare in un posto sperduto, in mezzo ai lupi. Mi fa arrabbiare di brutto questo ricatto che ci fanno: se non accetti, ti scavalcano nella graduatoria e poi devi ricominciare daccapo! Ma cazzo! Mi son fatta già tante assegnazioni di questo tipo, che proprio non ne voglio più sapere. Desolata e incazzatissima, me ne torno a casa. Lungo la strada mi viene in mente zia Concetta. Lei era molto amica di un politico e decido di fare un tentativo. Passo da lei che da poco è in pensione e le espongo il mio problema. Lei mi guarda e mi fa una domanda un po’ strana.
«Quanto sei disposta a pagare per non avere più di queste assegnazioni?»
La guardo un ...
... po’ incerta e stringo le spalle.
«Non navigo nell’oro, ma se necessario contraggo un prestito ed i soldi li trovo!»
Lei mi fa un sorrisetto ironico.
«Non parlo di soldi, ma di altro.»
Io la guardo e inizio a capire.
«Vuoi dire… insomma... credi che ci sia un prezzo molto alto da pagare?»
Lei mi guarda un po’ titubante.
«Dipende: per me una cosa può esser normale o di poco prezzo, ma per te forse vale molto di più. Come dicevo: dipende dal valore che attribuisci a certe cose.»
Ho fatto un sospiro e le ho detto che il prezzo poteva esser pagato, ma solo se il risultato era quello sperato.
Lei ha annuito, poi ha preso il telefono ed è uscita in terrazza a parlare. Ha conversato una decina di minuti e poi, rientrando mi ha detto di presentarmi ad un certo indirizzo, in un determinato ufficio, il giorno dopo alle 12.00.
«Ricordati che, in questo caso, il treno passa solo una volta. Se lo perdi e non vi sali, allora non ti lamentare più. Io non ti ho detto nulla e non ne so nulla di questa storia, siamo intese?»
Le ho dato un abbraccio forte e me ne sono andata. Tutta la notte ho pensato al giorno dopo. Sapevo a cosa andavo incontro e, dentro di me, ero molto combattuta. Mi infastidiva il fatto che, per avere un po’ di giustizia, mi dovevo vendere. All’alba, quando mio marito mi ha salutato, non avevo ancora preso una decisione. Più tardi, mi son preparata con la convinzione che ci dovevo andare. Al massimo, se la cosa proprio non mi andava, me ne sarei andata e al diavolo ...