Io e mia sorella: Capitolo 1
Data: 17/06/2023,
Categorie:
Incesti
Tue Racconti
Autore: parolealvento.97, Fonte: RaccontiErotici.top
... non custodivano né Ferrari né Lamborghini (ma nemmeno le più "semplici" Mercedes o BMW).
Il mio quartiere era, sostanzialmente, una piccola comunità dell’est asiatico: ci abitavano cinesi e giapponesi, indiani, filippini, bengalesi e pachistani. Quel pot-pourri di lingue e colori e tradizioni, quella magnifica eterogeneità di culture ed esperienze, invece di valorizzare ed arricchire il quartiere, com’è giusto che sia, l’aveva deprezzato. E, nei miei occhi di adolescente che iniziava a capire come andava il mondo, tutta questa ingiustizia faceva ribollire il sangue.
Non è però dei miei interessi sociali e antropologici che voglio parlarvi.
La vita in città, quando ci trasferimmo, non fu per niente facile. In mezzo a tanto buio, però, di lì a poco avremmo incontrato due piccole stelle.
C’è un piccolo parco accanto al mio vecchio appartamento: pochissime panchine (di cui la metà malferme sulle proprie gambe), un canestro senza la catenella e qualche albero a coronare il tutto. Io e mia madre eravamo solite passarci un po’ di tempo, il pomeriggio, quando la temperatura lo permetteva. A volte ci sedevamo su una delle panchine libere, se ce n’erano, e mi leggeva un libro di favole. Altre volte giocavamo a lanciarci la palla. Era il nostro momento speciale, qualcosa che condividevamo solo io e lei. Uno di quei pomeriggi però, si avvicinò a noi un signore giapponese (poteva avere l’età di mia mamma) che teneva per mano una bambina timida e impacciata. Chiese a mia madre se ...
... le andasse bene che io e sua figlia giocassimo un po' a palla insieme e così fu.
Con Nami - quasi mia coetanea, solo un anno in più pesava sulle mie spalle rispetto al carico che portava lei - fu amicizia a prima vista.
Ricordo che ogni pomeriggio, quando mia madre tornava dal turno di lavoro, chiedevo con insistenza di andare al parco per incontrare la mia migliore amica (l’unica amica che hai diventa per forza di cose la tua migliore amica). Quell’appuntamento giornaliero divenne un po’ la roccia intorno alla quale iniziammo a ricostruire le nostre vite. Né io (com’ebbi modo di capire una volta più grande), né mia madre eravamo più sole. Ciò di cui non mi stavo accorgendo è che, di pari passo all’amicizia tra me e Nami, anche qualcos’altro stava crescendo tra mia mamma e il signor Maeda.
Dopo due anni, gli incontri al parco divennero inviti a pranzo la domenica. Dopo qualche avvicendarsi di stagione, gli inviti a pranzo mutarono in “Vi andrebbe di passare il pomeriggio da noi e restare poi a cena?”.
Io e Nami ci vedevamo quasi ogni giorno. Crescevamo insieme, incontravamo e lasciavamo per strada le prime cotte per gli attori famosi o i cantanti delle boyband, ci disperavamo per i compiti che non riuscivamo a completare mentre l’uno o l’altro genitore ci facevamo da babysitter. Discutevamo di favole e di sogni, di desideri, di principi e principesse, di “Io da grande farò la ballerina” e “Nami, fare la ballerina fa schifo, io voglio guidare il camion!” (sì, ammetto ...