1. 015 il gran sogno della vita


    Data: 05/09/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    ... indulgenza”.
    
    È stata lei, la psichiatra, a consigliarmi di trovare il modo per parlare della mia storia, poiché tenersi tutto dentro è sbagliato. Per questo permetto a voi di conoscere la mia storia trascorsa, perché tutto questo fa terapia.
    
    Ma ora torniamo al ragazzotto rom perdutamente innamorato di me.
    
    Lui era geloso di me. Per questo trascorrevo il giorno con una fune al collo, e nel campo rom ove ho vissuto per quasi un anno, fui elevato di rango e rispettato di più dalla comunità dopo la diffusione di voci e mormorii attorno alla nostra “storia”.
    
    Gli effetti di questa scalata sociale furono sotto gli occhi di tutti. Non dormivo più dietro le turche comunali del campo su giacigli fatti di vecchi materassi pisciati.
    
    Ora finalmente libero da esalazioni ammorbanti di primo mattino, restavo si alla corda, ma legato al suo camper. C’è del simbolismo in tutto questo.
    
    Ogni mattina mi incaricavo di svuotarli i coglioni a botte di bocchini. Poi mi liberava in tenuta adamitica, libero di scorrazzare ma sempre con la corda al collo e si capisce...la corda era un segnale incontrovertibile rivolto a tutti i predatori del campo, che io, si finalmente io, ero "impegnata" e guai a chi mi avrebbe ritorto un capello.
    
    Scorrazzavo per il campo di giorno mentre il mio lui, con altri uomini, andava in citta per "lavoro".
    
    Non era facile però stare nel campo senza il mio amore. Certo, le donne mi rispettavano, ma per i mocciosi - ed erano tanti - io rappresentavo la ...
    ... forma primaria dei loro svaghi.
    
    Ero bersaglio di gavettoni, sputi, secchiate di merda e calci in culo, e correvo come una ancella spaurita a nascondermi tra i camper.
    
    Ma venivo stanato, e io correvo, correvo e correvo come una Dafne un attimino lordata, rincorsa da torme di piccoli diavoli. È li che ho imparato a correre reggendomi delle tette inesistenti, ma par che al mio ragazzo piacesse tantissimo questo mio modo forse un po’ ridicolo di correre. Rideva, mi chiamava Frocio e mi pigliava a sassate per il gran ridere prima di andare con gli altri al “lavoro”.
    
    Anche i mocciosi ridevano nell’inseguimento, e se finivo in un imbuto tra i rovi o tra i camper, questi non si facevano riguardo a lanciarmi ogni sorta di oggetto. Dalle già citate tavelle - laterizio forato adibito a vari usi nelle costruzioni edilizie - a pezzi di asse da cantiere, fino a tubi catodici smontati all’uopo od ancora oblò di lavatrici pescati dalla discarica vicina, che sembrano di leggero alluminio ma vi assicuro che se presi in faccia fanno male.
    
    E io? Io strillavo, dicevo coccodè a tutt’andare, e per placarli un attimino recitavo la consueta scena della Maddalena lapidata. Loro ridevano, poi giungeva qualche donna del campo a liberarmi, che acciuffava i ragazzi pigliandoli a sberle e a sputi.
    
    Poi correvo al fiume, mi lavavo il culo e mi facevo il morto sull’ acqua abbandonandomi alla plenitudine degli innamorati attendendo il ritorno del mio maschio dalle razzie beduine in città.
    
    Di ...
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