Il ritorno di Padrona Vale : La fattoria
Data: 04/06/2024,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Autore: tom, Fonte: RaccontiMilu
... Valentina mi costrinse a trottare almeno un’ora tutti i giorni, sedendosi sulla mia schiena e incitandomi a muovermi con sferzate nelle natiche e nei lombi. Imparai velocemente a prestarmi alle sue richieste, più che altro per evitare di ricevere nuove frustate. Poi venne la settimana della schiava-gabinetto, durante la quale fui iniziata a bere l’orina della Padrona. Ogni volta che mostravo tentennamenti o esitazioni, la mia sadica proprietaria mi prendeva per i capelli e mi infilava la testa in un secchio pieno d’acqua sporca; a quel punto mi tratteneva in ginocchio, premendomi un piede sulla nuca e lasciandomi riemergere solamente per riprendere fiato. Io mi sforzavo di resistere fino a quando potevo, poi iniziavo a gemere e tentavo con tutte le mie forze di riemergere. Con inflessibile determinazione, la Padrona andava a sedersi sulla mia testa con tutto il suo peso e mi schiacciava la nuca sotto il suo sedere perfetto. Dopo ogni punizione, per gratitudine, dovevo restarmene lì almeno mezz’ora a leccarle le natiche e le cosce. Lei, comodamente sdraiata su morbidi cuscini del letto, si lasciava adorare e rideva. All’inizio della primavera iniziai a dormire due notti a settimana nella casa della Padrona; trascorrevo le serate sdraiata ai piedi del suo giaciglio, coperta solamente da una leggera copertina di cotone e dal mio pigiama. Ogni qualvolta lady Valentina andava a coricarsi, inoltre, passavo un buon quarto d’ora con la testa affondata sotto le coperte a leccarle i ...
... talloni. La Preside si divertiva un mondo nel sentire la lingua di un’altra ragazza che le scorreva fra le dita dei piedi. Al termine di quel trattamento, quando la Padrona decideva che era giunto il momento di addormentarsi, ricevevo un calcetto su una guancia e venivo respinta senza troppi complimenti. Tiravo fuori la testa da sotto le coperte e mi andavo a rannicchiare sullo scendiletto di fianco al materasso. Se la Sovrana sentiva il bisogno di alzarsi durante la notte, poneva tranquillamente i piedi sul mio petto o sulla mia faccia, e attendeva che io le calzassi le pantofole. La stessa operazione dovevo svolgerla al mattino, quando la Padrona si svegliava per recarsi alla scuola o in centro. Talvolta ero io stessa a destare la dottoressa Mancini all’ora da lei desiderata. Scostavo un lembo delle lenzuola e iniziavo a leccare i piedi della mia proprietaria fino al momento del suo risveglio. Un altro momento della giornata in cui la Padrona gradiva una lingua di schiava a contatto con le sue delicate estremità, era la sera durante la cena. Di solito, o io o un’altra delle insegnanti dell’istituto di estetica, ci occupavamo di adorare le piante dei piedi della divina mentre quest’ultima consumava con la massima calma il suo pasto. Finito di mangiare, alla sguattera di turno spettava l’incombenza di lavare i piatti e riordinare la sala da pranzo. La Padrona, nel frattempo, si recava in salotto a guardare un po’ di televisione. A noi schiave, per contro, era permesso mangiare ...