1. Il treno per venezia.


    Data: 25/08/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: pennabianca, Fonte: Annunci69

    Sono le ventitré e trenta di una fredda notte. Sto in piedi lungo il binario numero uno della stazione di Tarvisio. Un freddo pungente mi costringe a rannicchiarmi tutto dentro il collo del mio giaccone. Il fastidioso suono del campanello che annuncia l’arrivo del treno copre parzialmente il rumore dei passi di un altro viaggiatore, che si appresta a salire sul treno con me. Lo guardo mentre sale: alto, spalle larghe, capelli brizzolati, età apparente sui 40. Insieme percorriamo il lungo corridoio, dove ci sono degli scompartimenti. Nei primi quattro ci sono delle persone che dormono, quinto e sesto sono chiusi, e solo l’ultimo risulta aperto e accessibile. Appena entrati ci sediamo entrambi davanti al finestrino. Lui si gira e ripone la piccola valigia sopra l’apposito ripiano, mentre io mi siedo e lo guardo. Per un lungo istante i nostri sguardi si incrociano, ed il silenzio viene rotto dallo sferragliare del treno che riparte. Guardo fuori e cerco di riscaldarmi, rimanendo ancora con il mio giaccone tutto abbottonato, quando improvvisamente la porta dello scompartimento si apre ed una donna grassoccia, nella divisa tutta sgualcita delle ferrovie dello Stato, con i capelli spettinati, il rossetto sbavato, insomma con aria trasandata, ci chiede il biglietto in maniera rude e poco cortese. Entrambi la guardiamo e ci rendiamo conto che ha l’aspetto di una persona che ha dovuto lasciare un piacevole momento per venire a timbrare i nostri biglietti. Espletato il controllo si ...
    ... gira e se ne va lasciandoci soli nello scomparto.
    
    «Che bei tempi, quando passava un controllore, in genere un signore pulito ed elegante con baffetti da sparviero che gentilmente ti chiedeva il biglietto, mentre faceva gli occhi dolci alle signore.»
    
    Commenta l’altro viaggiatore, mentre io, sorridendo, annuisco a conferma di quanto da lui detto.
    
    «Mi chiamo Franco, sono il portiere notturno di un albergo qui a Tarvisio, non lontano dall’uscita dell’autostrada e, da ciò che lei indossa, mi sembra un autista di quelli che portano autobus fino alla frontiera, per poi prendere il treno per tornare a casa».
    
    Lo sguardo stupito: è sorprendente la sua intuizione. Nel pronunciare il suo nome ha teso la mano destra verso di me, presentandosi, per cui è giocoforza, da parte mia, rispondergli:
    
    «Piacere, mi chiamo Mario e, effettivamente, sono un autista di bus e la sua supposizione è perfetta: infatti sto tornando a casa».
    
    Lo guardo in silenzio; è un bell’uomo, mani curate, viso rasato, ha un aspetto pulito di persona perbene.
    
    «Ho una profonda ammirazione per voi autisti, soprattutto perché vi vedo manovrare quei bestioni, con una facilità e serenità davvero impressionante. In fondo i nostri lavori sono correlati: dove finisce il suo, una volta giunto all’hotel, inizia il mio, nel ricevere, ospitare, sfamare e far riposare le persone che lei trasporta. Conosco molti autisti che, spesso, quando sono alla frontiera, si fermano per riposare nel mio albergo e ripartire il ...
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