La lunga notte – cap. 5
Data: 15/01/2024,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Racconti Erotici,
Autore: Lord Byron, Fonte: RaccontiMilu
Cap. 5
Resto rannicchiata contro la portiera per tutta la corsa del taxi fino a casa. Mille pensieri attraversano la mia mente, ma ho una certezza, devo smetterla con questa follia o finirò con il fare veramente una cazzata. Arrivata a casa la doccia mi accoglie nuovamente con il suo calore rilassante e l’acqua che scorre sul mio corpo porta via i pensieri più cupi. Cerco di distrarmi e chiedo a Matteo di organizzare qualcosa per la serata. Ristorante, un pub con un paio di amici e Dasho per una volta è fuori dei miei pensieri. Chissà, forse posso davvero togliermelo dalla testa, penso sdraiandomi sul letto. La luce che filtra dai vetri mi strappa al sonno e al mio ottimismo. Posso razionalmente allontanarmi da lui ma i miei sogni sono un regno in cui domina incontrastato. “ciao amore, a più tardi” un bacio leggero e Matteo esce per andare in ufficio mentre io resto con i miei fantasmi. Resto ancora sdraiata mentre la mia mente vaga. Il ricordo di Dasho, le sensazioni di quella notte e quelle ancora fresche del pomeriggio precedente nella metro sono vivide. Mi alzo nervosa e comincio a girare per casa. Devo togliermi tutto questo dalla testa. Ci posso riuscire. Si.
E’ passata una settimana e mi sento come una tossica. Ogni giorno i propositi sono fermi, nel voler a tutti i costi far uscire Dasho dalla mia mente, ma in sette giorni sono tornata quattro volte in quel baretto. Ho passato ore seduta a quel tavolino, guardando le finestre dell’appartamento senza mai ...
... riuscire a decidere cosa fare. Che cosa voglio veramente? Diventare una prostituta? No, certo che no. Far saltare il mio matrimonio? No, neanche questo. E allora cosa mi aspetto? Non lo so. Ma ogni volta l’azzurro dei suoi occhi mi annebbia la mente. Il ricordo di quella sera diventa vivo, palpabile. Svolto l’angolo e attraverso la strada. Il baretto è di fronte a me. Entro e senza parlare indico il “mio” tavolino. “Solito cappuccio e brioche?” l’uomo dietro al banco mi scruta, interrogativo. Sono le tre del pomeriggio, “si, grazie” rispondo con un sorriso. Mi siedo, la strada sembra deserta. Alzo lo sguardo verso le finestre. “Posso?” sobbalzo sulla sedia, mentre il barista appoggia la tazza e il piattino con il cornetto sul tavolo. Gli sorrido facendo un profondo respiro. Lo zucchero scende dalla bustina depositandosi sulla schiuma bianca. Osservo il cucchiaino tracciare scie sottili sulla superficie soffice. Spezzo la brioche, portando il boccone alla bocca, mi volto di nuovo verso l’esterno e resto paralizzata. Sul marciapiede, a mezzo metro da me, separati solo dal vetro Ditmir è apparso dal nulla e mi guarda duro, immobile. Entra nel bar e si viene a sedere al mio tavolo. “Che cazzo ci fai qui?” La domanda è diretta come un pugno in faccia, ma non prevede risposte. “Alzati”.Mi prende per un braccio sollevandomi dalla sedia con una sola mano. Sto tremando, ma perché ho fatto una cazzata simile? Mi spinge verso la porta. “grazie, sappiamo chi è” dice rivolto al barista. “Ok, ...