1. Il territorio del sogno


    Data: 03/08/2023, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... scosse il capo. -Niente. È possibile che usino quella casa solo come base temporanea.-, disse. Gli tremavano le mani ma lo sguardo era abbastanza fermo. Ci preparammo in silenzio e mangiammo qualcosa a una tavola calda poco fuori città, in attesa del momento adatto a colpire. Non parlammo, tutti nevosi per quanto stavamo per fare. -Mi sono informato un po’-, disse Minh, -Donovan Pirk e gli altri menzionati sul foglio che hai visto in camera di May Lyn non si vedono in giro da un bel po’. Circa da sette giorni a questa parte.-. Annuii, consapevole che le implicazioni fossero ovvie. -C’è solo una cosa che non capisco.-, dissi mentre suggevo una cucchiaiata di zuppa al pomodoro, -Perché non hanno già evocato quel che devono?-. -Perché solo determinate congiunzioni astrali permettono il ritorno degli Esterni.-, spiegò Monique, -E si dà il caso che domani alle 02.30 vi sarà una di quelle congiunzioni.-. Tutto chiaro. Ora sapevamo per che ora avremmo dovuto farla finita. -Ok. Vediamo di pensare a come fare.-, dissi.
    
    La chiesa pareva anomala già da fuori. Forse era solo una mia impressione ma mi pareva che lungo i bordi dell’edificio strisciassero ombre brillanti. Scossi il capo chiudendo e riaprendo gli occhi. Le ombre svanirono. Un mero frutto della tensione oppure erano realmente esistite? Non lo so, ancora adesso troppi interrogativi ammantano quella notte folle e la mia logica non basta più. Ancora oggi, a tratti mi chiedo se non sia stato tutto un folle sogno… Comunque ...
    ... eravamo all’atto conclusivo. Vedevamo gente ammantata in cappe bianche andare verso la chiesa. Arrivavano alla spicciolata, uno o due, o a piccoli gruppi. Uomini e donne. Ne contai una decina ma non riconobbi nessuno. -Andiamo.-, disse Monique. Come noi aveva una pistola, ma a differenza nostra aveva il coltello, l’arma con cui rispedire gli esseri orribili in spazzi attigui al reale. Ammantati in abiti comodi e larghi che ci permettessero di nascondere le nostre armi, ci avvicinammo alla chiesa. Sentimmo il canto già da fuori e le vetrate che si coloravano di luci impossibili e folli. Il canto era sempre lo stesso, composto di solo tre parole, che ormai conoscevo sin troppo bene. Ascoltando bene si sentivano anche altri rumori, si percepivano in sottofondo. Espirai cercando di calmare i battiti del mio cuore, cercando di tornare ad essere calmo, lucido e distaccato ma mi fu impossibile. Allora feci la sola cosa possibile: consultandomi con Minh, socchiusi la porta principale della chiesa e vi gettai un’occhiata. La visione che si presentò ai miei occhi fu incredibile. Il pavimento della chiesa era dipinto di cerchi d’evocazione. Un’opera enorme. I cultisti cantilenanti inneggiavano la loro blasfema omelia, il loro empio richiamo, schierati ai lati della chiesa, addossati alle pareti. Al centro della navata principale, proprio dove un tempo doveva esservi stato l’altare, c’era un altro simbolo di evocazione, dipinto col sangue. E su quel simbolo… Ancora oggi la rivedo, discinta e ...
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