Vertigo, un incubo vissuto due volte – La conclusione
Data: 05/04/2023,
Categorie:
Cuckold
Tradimenti
Voyeur
Autore: Bateman80, Fonte: RaccontiMilu
... già dotate di saracinesche automatizzate. Dopo essermi fermato per rifiatare, rimossi parte della rete di plastica arancione che fungeva da recinzione e diedi un’occhiata all’interno della prima villetta. Benché fossi in un cantiere era tutto abbastanza in ordine, eccetto per qualche sacco di gres, alcuni attrezzi sparsi in giro e qualche cartone di piastrelle lasciato sul pavimento. Decisi quindi di curiosare al piano superiore, facendo attenzione nel salire le scale data la vertiginosa assenza della ringhiera.
Giunto al primo piano, avvicinandomi alla porta del balcone, guardai verso l’esterno. Accecato dal sole, in controluce, miravo alla fine dalla serie di case in direzione delle auto parcheggiate, quando strinsi gli occhi per acuire la vista e un brivido pungente mi attraversò la schiena come una lama.
Non volevo e non ci potevo credere..
“…Non può essere la sua!” Pensai, col sudore che mi si gelava addosso!
Col cuore in gola e il battito a mille, rischiando di cadere, scesi le scale più velocemente che potevo e mi fiondai fuori.
Percorsi il marciapiede sino ad arrivare davanti all’ultima delle sei villette quando, con le braccia che mi tremavano sulle stampelle e la rabbia che iniziava a salire, vidi la Smart rossa di Anna parcheggiata di fronte all’ultimo cancello. Aveva lasciato la giacca del tailleur con la sua borsa di Gucci sul sedile del passeggero e sul cruscotto spuntava unpost-it giallo sul quale, con una brutta calligrafia maschile, c’era ...
... scritto:
“VIALE PIAVE 69
MERCOLEDI’
17:30”
La rete da cantiere che fungeva da cancello era spostata, così entrai in casa passando dal giardino. Giunto in soggiorno non vidi nessuno ma, cercando di isolarmi dai suoni esterni, udii dei rumori provenire dal corridoio. Da lì si accedeva a quattro stanze e ad una rampa di scale. Presumendo che portasse al garage seminterrato, seguii il mio istinto e iniziai una lenta discesa. Il vano scala era poco illuminato ma vidi che terminava con una porta semichiusa da un pannello in truciolato, dal quale filtrava un fascio di luce. I rumori che avevo sentito farsi man mano più intensi, ora erano accompagnati da gemiti che riconobbi all’istante.
Spostai lentamente il pannello di qualche centimetro, stando attento a non fare il minimo rumore, e azionai la funzione video dello smartphone infilandolo nello spiraglio come fosse uno specchietto retrovisore. Il garage era buio per via della saracinesca abbassata, illuminato soltanto dalla luce di un faro da cantiere fissato ad un treppiede.
Anna era girata di spalle rispetto alla porta dove mi trovavo io. Stava in piedi, con le mani appoggiate contro il muro e le gambe divaricate, ancora vestita come appena uscita dal lavoro: camicetta bianca, gonna stretta che finiva sopra al ginocchio e tacchi alti.
Era senza reggiseno, con la camicetta completamente sbottonata perché quel bastardo di Franco, dietro di lei, le stava palpando e strizzando le tette mentre la baciava sul collo. Dopo ...