Il prato in città
Data: 28/06/2018,
Categorie:
Trans
Autore: Marta-trav, Fonte: Annunci69
Correva l’anno 1988.
Una domenica pomeriggio del mese di maggio, in una grande città del centro Italia.
Tra poco più di un mese finirà la scuola.
Ho 16 anni. Anzi no, non ancora, sono nato a settembre e quindi mancano ancora quattro mesi.
Da studente modello quale sono, orgoglio dei miei genitori, ho trascorso tutta la mattinata a prepararmi per l’interrogazione di matematica di domani. Non che sia preoccupato, intendiamoci. Però voglio prendere assolutamente un bel voto, per mantenere alta, molto alta,la media.
Trascorro molto tempo, chiuso in casa, a studiare, e molto poco a divertirmi, come invece dovrebbe fare un ragazzo della mia età.
I miei compagni di classe, a onor del vero, mi coinvolgono sempre. Mi invitano alle feste, alle cene, alle uscite in centro. Qualche volta ho anche accettato. Ma il più delle volte declino l’offerta, ringrazio e preferisco rimanere chiuso nella mia stanza. A fare cosa? Studiare, ascoltare musica e leggere un buon libro.
Oggi, tuttavia, sto andando a casa di un mio compagno di classe.
Mi ha chiesto se posso aiutarlo a prepararsi per l’interrogazione di inglese di domani.
Ma conosco molto bene Fabrizio.
Dopo una mezz’oretta di studio mi dirà (ne sono certo) di andare a giocare a biliardo.
Mi piace il biliardo e sono piuttosto bravo.
Se me lo chiederà (e sono certo che me lo chiederà) ci andrò volentieri.
Altrimenti (ma non succederà) rimarremo a casa sua a studiare inglese. Che poi, a me, va bene lo ...
... stesso.
Per andare a casa di Fabrizio devo prendere un autobus.
Abitiamo nello stesso quartiere, un quartiere che è grande come una delle tante piccole città della nostra bellissima Italia, un quartiere che conteràoltre 150.000 abitanti.
Non c’è molta gente in giro. Alla fermata, ad attendere l’autobus, siamo solo in quattro.
Fa già molto caldo e la domenica pomeriggio la gente preferisce andarsene al mare. Che da qui, poi, non è molto distante. E soprattutto ci sono le partite di calcio. Molti saranno allo stadio. Altri saranno incollati alla radio ad ascoltare le radiocronache. Siamo nel 1988 e non esiste ancora la TV a pagamento, SKY e, soprattutto, internet…
L’autobus si fa attendere, come sempre. Ma alla fine, sbuffando e sferragliando, arriva e, insieme ai miei compagni di attesa, salgo a bordo.
Sopra ci sono poche persone, sudate e distratte.
Sono tutti seduti ed anche io, come al mio solito, mi siedo nei posti in fondo. Quelli nei quali, invece, non mi siedo mai durante le gite scolastiche. Perché quelli sono i posti di chi vuol far casino. Sono i posti dei capi. Ed io non sono un leader. Anzi. E allora, in quelle occasioni, mi siedo nelle prime file, dietro i professori.
Ma qui, sull’autobus di linea, non ci sono gerarchie. Equindi ne approfitto.
Devo fare cinque fermate. Dieci minuti di viaggio.
Tutti i passeggeri sono seduti. Tranne uno. Un signore di una sessantina di anni che è salito alla mia stessa fermata.
E’ stranamente troppo ...