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Come le bacche del vischio
Data: 21/10/2020, Categorie: interviste, Autore: thomas andersen, Fonte: EroticiRacconti
Come da cadenza biennale, è richiesta una mia consulenza in Valtellina e, come due anni fa, il pensiero mi porta subito a te. Sarà la terza volta che ci vediamo; nelle precedenti due non siamo mai andati oltre ad un cenno di saluto ma abbiamo passato ore vicini in quella camera sterile, ognuno focalizzato sul proprio lavoro, deturpati da larghe divise bianche che lasciano solo gli occhi esposti. Sono bastati quelli per inseminarci quel morboso baco silente. Quelle candide vesti non mi hanno impedito di notare la rotonda morbidezza del tuo corpo di statura media, la sfumatura di spessore creata dalle tue mutande sempre classiche, il tuo seno degno dei tuoi sguardi sensualmente prepotenti. Tre ore di auto e finalmente il valico dell’Aprica apre alla mia vista la vallata dove ho trovato te. Parcheggio, entro, indosso tuta, calzari, guanti, copri volto e mi presento al nostro tacito appuntamento, stavolta son deciso a spingermi oltre il nostro confine. Il timore che tu abbia cambiato lavoro o sia in ferie svanisce appena valico l’ingresso, riconosco il tuo sguardo proprio mentre tu, distrattamente, alzi gli occhi curiosa verso la porta che si è appena aperta. Passano secondi in cui le lancette non hanno avuto la forza di muoversi, poi fingiamo di riprendere spensierati il nostro incarico. Mi rendo conto che non è concretamente giustificata questa mia sicurezza che tu stia davvero vivendo il mio stesso gioco, ma non inibirò la mia spregiudicata intenzione. Il ...
... responsabile, come da copione, si appresta a spegnere il macchinario e sgombrare le operatrici, tra le quali te. Ma stavolta gli chiedo se può gentilmente lasciare operativa l’addetta alla stazione 5 perché mi agevolerebbe la calibrazione. Mi accontenta, ti comunica che resterai a mia disposizione e mentre ti parla mi guardi con sguardo incriminante, come se avessi sconfinato le regole. E così, eccoci, a un metro di distanza, uno a fianco all’altra, tu a posizionare tubetti in gomma ed io a manovrare con uno strumento del quale nessuno conosce veramente la funzione. “Perdonami, capisco che sia una forma di violenza costringerti a restare qui; se vuoi puoi chiedere il cambio e farti sostituire con una collega, non me la prenderò, anzi ti consiglio di fuggire perché se dovessi restare farò il possibile per stordirti verbalmente, sarà un velato turpiloquio”. “Prima di tutto ti ricordo che non ci conosciamo, in secondo luogo ti avviso che, a differenza di due anni fa, son fidanzata e il tuo momento, se mai ci fosse stato, è passato, però, finché non eccederai coi termini, son curiosa di ascoltare cosa hai da dirmi, meriti un minimo di ascolto visto la situazione che hai architettato per obbligarmi alla tua presenza”. Non ho preparato discorsi, lascerò che la mia fantasia si schiuda, a qualsiasi rischio, anche di pronunciare frasi sconnesse, non posso permettermi intercalari, titubanze, la mia voce deve prima stordirla e poi rapirla fino a masturbarle il cervello senza chiedere ...