1. Ahmed: in giro a dubai (cap. 14)


    Data: 07/08/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: Evan18, Fonte: Annunci69

    Passarono dei mesi da quel giorno. Io e Ahmed ci conoscemmo sempre più, e numerose erano le notti di fuoco fra noi. Spesso mi lasciava solo con Antony di sera, perché usciva per i locali di Dubai, anche oltre il coprifuoco.
    
    Una mattina Ahmed mi accompagnò a fare la ceretta mensile (o meglio la facevamo ogni 15 giorni sia io che Antony). Ogni volta risultava sempre più facile depilarsi, e sempre meno dolorosa. Anzi quasi per niente. Il ragazzo che mi accolse la prima volta qui a Dubai, gestiva questo sorta di centro estetico. Facevo la ceretta “araba”, molto più delicata e efficace di quella tradizionale. Infatti lasciava la pelle morbida, soffice. Una ragazza mi massaggiava il corpo con olio di Argan, sebbene non fosse molto profumato, l’odore ad Ahmed piaceva. Spesso eravamo io ed Anthony a massaggiarci a vicenda e a giocare con l’olio sui nostri corpi: ma quel giorno ero da solo. Mi feci rifare il trucco leggero dalla ragazza, che mi insegnava ogni volta a curarmi del mio viso e anche a come truccarmi bene. Non era un makeup vero e proprio. Usavo solo un correttore, un fondotinta e lucidalabbra leggero. Mettevo l’eyeliner e delle ciglia finte. E coloravo le sopracciglia per migliorarle.
    
    Ahmed sarebbe venuto a prendermi subito dopo, ma uscendo dal portone principale del centro, con gli occhi cercavo la sua auto, ma non c’era. Andai per un attimo in panico: non faceva mai tardi. Iniziai a camminare su e giù per il marciapiede, quando capii che gli sguardi delle ...
    ... persone si facevano più intensi, l’ansia mi risaliva nel petto. Volevo aspettare, ma nascondermi. Le donne che passavano indossando l’abaya e il niqab da cui spuntavano solo gli occhi mi lanciavano sguardi pieni di disdegno. Era per come ero vestito. Avevo un leggings che lasciava spazio alle forme, ai piedi delle ciabattine con infradito e una maglietta rosea a maniche scoperte. Abiti vergognosi per loro, nonché pericolosi per me. L’unico modo per non richiamare l’attenzione era percorrere velocemente le strade verso il palazzo dove alloggiavamo, cercando di avvicinarmici. Ma mi sentivo disperso. Controllavo lo smartphone invano. Nessun messaggio, nessuna chiamata, finché non squillò. Era Ahmed che in inglese mi disse:
    
    “Baby hai finito, ehm ho problemi a venire lì ora. Dove sei?”
    
    “Dove sei finito papi! Sono per strada, qui mi guardano tutti, ho paura”
    
    “Piccola, prendi un taxi, vai dritta a casa, poi ti spiego. Ti do il permesso”
    
    “Va bene, spero di trovarlo, non so cosa fare.”
    
    “Fai come ti dico”
    
    Ahmed non mi lasciava credito sul telefono, così che non potessi contattare nessuno (almeno chi voleva lui), ed era giusto così. Quindi ero io ad attendere suoi messaggi e chiamate. Mi avviai verso una piazzola di sosta taxi, ma era ancora vuota. Ancora ansia: non riuscivo più a sopportare l’idea di essere in pericolo: Certo ero straniero in terra araba, ma le regole sono rigide. Faceva caldo e il sole mi faceva ribollire la pelle, quasi come se friggesse d’olio.
    
    Ad un ...
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