1. Dopo


    Data: 02/08/2019, Categorie: Erotici Racconti, Racconti Erotici, Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... necessario da togliermi il comdom e gettarlo, avvolto in un fazzoletto, nel cestino. “Mi fai sempre sentire in paradiso…”, sussurrai col cuore doppiamente infranto dalla consapevolezza che presto saremmo stati divisi di nuovo e che un giorno, lei se ne sarebbe andata. “Grazie, tesoro. Sto benissimo con te.”, sussurrò lei. Scese ad accarezzarmi il petto. Molto lentamente. Il mio membro non sembrava volerne sapere di un secondo round. E Io? Avrei spogliato simile bellezza della solennità di un momento simile, in favore del fugace piacere? “Ora capisco il tantra.”, disse. Lei sorrise. Non parlavamo molto. Io parlavo. Ma lei ascoltava. E questo valeva molto di più del parlare. La guardai. Nuda, stretta a me, riflessa nello specchio del soffitto, eravamo come il sole e la luna, gli eterni opposti avvinti a un ciclo indissolubile. Era bellissima. E per un istante, potei credere di esserlo anche io. Lì potevo mandare a quel paese tutto e tutti. Un’intera società di ipocriti… “Sai, presto dovrò andare dai miei parenti, a Xxxxxx.”, disse lei. Io annuii, il cuore gonfio di dolore. Consapevole che la nostra separazione mi avrebbe ancora visto privato della sua compagnia. “Cosa dici…?”, chiese lei. Il mio pene si era intanto ripreso. Ma io sapevo bene che c’era un limite. “il sesso é sacro”, le avevo detto un tempo. Lo é davvero, se fatto alle giuste condizioni. Al giusto modo. E in quel momento non ero sicuro di voler aggiungere un secondo tempo alla nostra lotta erotica. Preferivo ...
    ... lasciare le sensazioni, i ricordi, sentire il suo cuore battere col mio. Assaporare l’estasi di un unione che sapevo già essere troppo breve eppure inestimabile. Scesi con una mano a carezzarle la vulva, lasciando che il mio indice entrasse dentro lei di poco. Lei emise un suono sottile, meno di un gemito, più di un respiro. Qualcosa a metà tra i due. “Ci sto pensando…”, sussurrai. Ero combattuto. Davvero. Ogni volta che stavo con lei volevo farlo. Ancora, ancora e ancora. Volevo ignorare tutti quei maestri cinesi del Dao che dicevano di conservare l’energia. Volevo bruciare. E sapevo che non dovevo. Ma volevo… E allora restavo fermo, contemplavo i nostri corpi intrecciati sugli specchi gemelli, la sua pelle color caramello che si univa al bianco della mia. Il suo corpo che non ospitava tatuaggi che aderiva al mio essere, marchiato dai segni che io stesso avevo voluto impremirvi. Pura poesia. Il tempo perdeva di significato con lei. Poteva passare un ora o uno Yuga. Non mi interessava cosa sarebbe successo. Potevo morire o vivere altri mille anni. Ma ero lì, con lei. A sentire i nostri corpi che fermi, si sfioravano e si conoscevano con una tale finezza da rendere il diagolo vano. Eppure, come sempre, non era possibile non parlare. Forse perché temevo di abbandonare il noto per l’ignoto. La baciai accarezzandole il pube, la vulva, scendendo per quanto possibile, come a volermi accertare che tutto fosse ancora lì. Che lei non fosse stata un sogno. Era così? Era quella l’amata dei ...