Il camionista sovietico
Data: 26/02/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Nepenthes, Fonte: Annunci69
... angolo remoto del cruscotto ad uso deodorante. Un paio di mutandine di pizzo rosse, strappate a chissà quale esotica fanciulla, appese allo specchietto retrovisore come un trofeo di chissà quanto gloriosa caccia, pendevano insieme agli ammennicoli apotropaici.
La notte oscurò la cabina illuminata appena dalla fioca luce colorata delle molte spie a Led del cruscotto. Il russo guidava tenendo d’occhio la temperatura dell’acqua del motore. Io cercavo di tenerlo sveglio raccontandogli la nostra disavventura in moto e altre stronzate che lui capiva appena. Guidava e annuiva appena. Ogni tanto vedevo i suoi occhi scivolare giù, di lato, sulle gambe scoperte di Francesca, la cui minigonna si era ulteriormente accorciata in seguito allo scivolamento in avanti del suo corpo alla ricerca di una posizione che le fosse comoda per dormire. Mi accorsi di tutto ciò. Sul momento pensai di avvertirla per farle assumere un contegno, ma poi, mi accorsi che lei era ben consapevole delle attenzioni che stava suscitando al camionista e, stranamente, la cosa mi eccitò. Francesca, dopo qualche contorsione, appoggiò le sue lunghe gambe in alto, sul cruscotto del camion e la sua testa sulla mia spalla sinistra. Chiuse gli occhi, coccolata dalla voce maschia e profonda delle nostre chiacchiere. Chiuse gli occhi ma non dormiva. Chiese al camionista una coperta che le venne data in occasione della successiva sosta obbligata per riempire il radiatore. Una volta ripartiti, Francesca chiese al ragazzo ...
... sovietico se potesse sdraiarsi e lui, molto cortesemente, acconsentì. Mise la sua testa sulle mie gambe e si coprì completamente. Io e Andrey cominciammo il nostro discorso di discorsi senza troppo senso. Francesca, che pensavo dormisse, cominciò lentamente ad abbassarmi la zip dei pantaloni, protetta dalla coperta che si era tirata fin sopra la testa. Mi accorsi, in preda all’imbarazzo, che lei, approfittando del buio della cabina aveva allungato le gambe verso di lui e i suoi piedi erano finiti proprio lì, nel punto più sensibile per un uomo.
Chiesi, imbarazzatissimo, se i piedi di Francesca gli davano fastidio. Lui rispose che, assolutamente, non lo disturbavano affatto. Così continuammo a parlare, anche per nascondere il reciproco imbarazzo in cui Francesca ci aveva, subdolamente, condotto.
Muovendosi con innata maestria, celata dalla coperta, Francesca riuscì, dissimulandolo perfettamente, ad estrarre il mio pene, ormai eretto, dall’involucro aderente delle mie mutande. Sentii, quasi istantaneamente, il mio glande avvolto dalla mucosa umida e calda della sua bocca. Appoggiai le mani sul suo corpo e la testa all’indietro sul poggiatesta, guardando ipnoticamente, dritto, la strada che scorreva regolarmente davanti a me, lasciando che parlasse lui. Dopo qualche centinaio di metri, anche il mio interlocutore smise di parlare. Mi girai verso di lui e notai che, Francesca, con abilità che non le riconoscevo, stava sfregando i piedi sul rigonfiamento anteriore dei pantaloni ...