Porcellate con un vecchio amico
Data: 19/10/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Anale
Autore: Gabrihole, Fonte: xHamster
... rannicchiandomi su un fianco rivolgendo il mio culetto verso di lui non perché stessi comodo ma perché mi divertiva provocarlo.
Sentii una mano toccarmi le natiche, “che fai?” gli chiesi.
“Scusa, non ho resistito” rispose.
“Smettila di scusarti, o ti scuserai anche questa sera mentre mi prenderai con la forza?” gli dissi.
“Ma come faccio a capire se non vuoi davvero?” mi chiese.
“Non preoccuparti, saprò fartelo capire, e continua pure a toccarmi il culo se vuoi, facciamo che nel nostro gioco siamo due amici che se la spassano già masturbandosi a vicenda e facendo certi giochetti, solo che io non ti ho mai concesso di arrivare all’atto finale sebbene tu me lo chieda insistentemente da un po’”.
“Mi piace questo gioco” rispose Gian, e mentre lo diceva io mi slacciai la cintura e i pantaloni abbassandoli, mettendo il mio culo nudo a sua disposizione mantenendo quella posa sul sedile.
Gian mi accarezzava le natiche e di tanto in tanto frugava con le dita verso il mio buchetto, senza entrare, io mi lasciavo fare finché notai che di tanto in tanto dopo avermi toccato il buco si portava il dito sotto il naso e se lo annusava, la cosa mi faceva sorridere poi notai che le sue dita tornavano al mio culo umide e mi resi conto che oltre ad annusarle se le leccava.
Un mio vecchio “trombamico” mi ha sempre detto che se un uomo si lecca le dita dopo avermele messe nel culo, o mi lecca direttamente il culo, è perché gli piaccio veramente e di me non gli fa schifo ...
... nulla; altrettanto la mia troiaggine si riconosceva se gli pulivo il cazzo con la bocca dopo che mi era venuto dentro.
Continuai a lasciarmi “m*****are” finché decidemmo di fermarci per il pranzo, inutile dire quale fu l’argomento della conversazione durante tutto il tempo passato a tavola, trovandoci già in Slovenia non ci preoccupavamo del fatto che gli altri potessero sentirci convinti che nessuno parlasse la nostra lingua finché, dopo esserci alzati per andare a pagare il conto, il cameriere che ci aveva serviti e che fino a quel momento aveva parlato con noi in inglese si rivolse a Gian in un italiano quasi perfetto e gli disse: “sei fortunato, questa sera divertiti anche per me, fallo piangere, si vede che gli piace”.
Io arrossii, che figura! Uscimmo dal ristorante, salimmo in macchina nell’imbarazzo più totale e ripartimmo.
Finalmente arrivammo all’albergo, prendemmo la chiave della stanza e salimmo per posare le nostre valige, Gian mi afferrò, mi buttò sul letto a pancia in giù e mi salì sopra con ancora i vestiti addosso, cominciò a strofinarsi contro di me e io sentii che il suo cazzo era già duro come il marmo, “e adesso come la mettiamo?” mi chiese.
“La mettiamo che andiamo a cena” gli risposi.
Avrei voluto che mi rispondesse “no, adesso ti inculo” e che alle parole seguissero i fatti, invece si alzò liberandomi e scendemmo per la cena. A tavola ci stuzzicavamo a vicenda cercando di non rimediare una figura come quella fatta al ristorante durante il ...