Ritorno al noccioleto - parte 6
Data: 07/07/2024,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: LuogoCaldo, Fonte: Annunci69
Che strana questa storia.
Da più di un anno, ogni notte, facevo sogni incestuosi su zio Gaetano e quando l’incesto c’era stato non me ne ero neppure accorto.
Avevo avuto dentro di me il frutto dei suoi lombi.
Alfonso, il ragazzo che a scuola per primo aveva desiderato il mio corpo, era mio cugino.
Effettivamente padre e figlio si assomigliavano moltissimo.
L’altezza, la pelle bruna, le spalle enormi, le cosce muscolose.
Erano diversi i punti di contatto.
E, ora che ci facevo caso, i due maiali avevano la stessa carica sessuale, la stessa potenza delle reni, le stesse palle gonfie e lo stesso uccello largo e violento.
Quando salii in auto ero stordito e, allo stesso tempo, tremendamente eccitato.
Sentivo ancora il calore di Alfonso, la forza dei suoi colpi, lo spessore del cazzo che mi allargava il culo.
Avrei dovuto provare vergogna per quello che avevo fatto e invece, in cuor mio, riuscivo solo a rammaricarmi di essermi perso il finale.
Fare sesso, per me, significava sentire il cazzo del mio amante scoppiare dentro al mio sedere.
Quello – solo quello – era il momento in cui riuscivo davvero a provare piacere.
Dovevo avere la certezza di averlo soddisfatto.
Per un po' guidai senza una meta, accarezzandomi l’uccello duro.
S’era fatta notte fonda, le strade erano vuote.
Decisi di tronare al noccioleto dove sarei potuto stare un po' tranquillo e ripensare a quella lunga giornata.
Gli alberi sembravano sagome ritagliate dentro ...
... al disco della luna piena.
Il bosco era immerso in un silenzio profondo e solo il rumore dei miei passi disturbava la quiete di quel luogo.
Mi sedetti sotto un albero, chiusi gli occhi e appoggiai la mano sul cazzo, sopra i calzoni.
“Che ci fai qui?” Ebbi un sussulto.
Non riuscivo a capire da dove provenisse quella voce.
“Quassù coglione”. Era Alfonso. “Qua!”
Era seduto sul trattore, al posto del conducente. La nuca pesantemente abbandonata sul volante.
“Ehi” ritrassi immediatamente la mano “Che cosa ci fai TU qui?” risposi.
“Mi godo l’ultima notte” disse beffardo.
“In che senso?” replicai perplesso. Mi arrampicai anch’io sul veicolo e mi accomodai sul sedile del passeggero.
Alfonso fece ruotare la testa verso di me, senza neppure staccarla dal volante.
“Domani tutti sapranno Paolo” biascicò con voce rotta.
“Per me sarà la fine. A differenza tua io non ho una città dove scappare a settembre.
Rimarrò qui per sempre”.
Annuii. Capivo cosa voleva dire.
Mi resi conto che avevo sottovalutato quello che era accaduto negli ultimi giorni.
Il ragazzone che a scuola mi dava la caccia e che aveva finto di lasciarsi attrarre nelle situazioni più improbabili in realtà si era messo molto più in gioco di me.
Alfonso aveva molto da perdere e poco da guadagnare da quella storia.
Nel paese non c’era spazio per la gente come noi e io lo sapevo fin troppo bene.
Essere sé stessi, in quel posto, portava solo solitudine.
“Ehi” avrei voluto ...