1. 009 pausa senza sborra


    Data: 03/07/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    Quando nell’ottobre del 2017 mi cimentavo nella scrittura del mio HUNGARIAN RHAPSODY era ben lontana da me l’ipotesi che la trascrizione dei miei ricordi potesse infliggermi un cosi tale tormento, poiché mi persuasi che più ci si presta alla verità, più l’uomo si presta a pena.
    
    Sta forse in questo il motivo per il quale l’uomo tenderebbe alla menzogna. La menzogna è la necessaria deflessione della morale alla sofferenza.
    
    Ma io no. Io volevo essere un Uomo, e affrontare la verità dell’esistere facendo voto di verità.
    
    Mi esprimerò al passato remoto, nonostante sia trascorso un tempo relativamente breve dal tempo in cui mi cimentavo nelle prime scritture dei miei ricordi, ma in questi due anni a CUMCONTROOL sono accadute molte cose, troppe, per il quale il tempo si è dilatato. Il dolore ne ha fatto da protagonista, e se è vero che nella felicità il tempo si misura in istanti, nel dolore più profondo il tempo si sospende.
    
    Tenendomi la mano la mia psichiatra mi chiese di prendermi un’altra pausa dalla scrittura delle mie memorie. La precedente pausa non risaliva che all’estate precedente, ritenuta necessaria dalla mia psichiatra perché potessi meglio elaborare gli incesti coi quali mi depravai con mio padre.
    
    La dottoressa mi vide distrutto. Ero annientato, e così mi suggerì dunque una pausa, anche se temevo di non riprendere più a scrivere il mio UHNGARIAN RHAPSODY.
    
    Ma poi mi convinsi.
    
    Le promisi che mi sarei dato del tempo, che avrei chiuso il file della ...
    ... mia storia, almeno fino a quando non fossi riemerso dagli abissi oscuri del mio stesso dolore.
    
    Tornai a casa con le mani in tasca e la sigaretta accesa tra le labbra. Pioveva, s’era fatto buio, e sui marciapiedi e sul catrame favillava il riflesso dei semafori, delle insegne e dei fari.
    
    Mi sentii leggero, come quella pioggia di ottobre sulla città semideserta.
    
    Accostai ad un angolo, mi lasciai accarezzare da brividi lievi di uomo liberato e poi urinai. Nel farlo mi accorsi che un ragazzo di là dalla strada s’era fermato per guardarmi. Non mi mossi da lì. Contemplai la schiuma farsi strada tra le acque di pioggia sul marciapiede e quando mi voltai il ragazzo mi stava di fronte.
    
    Io mi guardai attorno e lasciai che il ragazzo mi toccasse il cazzo. Egli lo guardava e di tanto in tanto sollevava lo sguardo ebbro sui miei occhi. Io distolsi lo sguardo e il ragazzo si piegò a succhiarmelo. Guardavo ora a destra ora a sinistra e mi distesi a sentire la bocca che affondava, e affondammo entrambi nella periferia della grande città dai marciapiedi deserti a quell’ora. Ma poi passai la mano sul capo del ragazzo, lo allontanai, ritirai il cazzo e richiusi la patta.
    
    Il ragazzo insistette stringendomi il pacco ma io mi voltai, avvinto da una profonda tristezza e per questo presi la strada di casa piangendo.
    
    Il ragazzo corse verso di me e mi si accostò di fianco. Era un ragazzo di circa trent’anni e dal capello rasato. Aveva occhi vispi, una carnagione liscia e una barbetta ...
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