Una tortura sessuale in smartworking
Data: 16/10/2021,
Categorie:
Etero
Autore: single80fe, Fonte: Annunci69
Lo smartworking può essere un inferno di solitudine, specie per le persone come me che, a dispetto delle apparenze nella vita ordinaria, sono allo stesso tempo fisico e mentale.
All’epoca del primo lockdown non la conoscevo ancora. Ho passato un paio di mesi solitari, usando il computer per lavorare, chattare, conoscere. Ma si sa, virtuale e reale non sempre vanno d’accordo, quando le menti non sono allineate.
In questo nuovo quasi lockdown, nel mio lavoro cambia poco. Messo a casa, smartworking, lunghe sessioni di computer.
Come oggi, sveglio all’alba per tenere una lezione in webinar, in inglese, per gli amici americani con cui la mia azienda lavora.
Pantalone inutilmente elegante, camicia, la pelle ancora quasi calda dal letto lasciato interamente a lei. Niente boxer, una sorta di vezzo e abitudine, che presi a marzo, quando per giocare un po’ con la noia mi sfioravo il glande mentre ero in call e fantasticavo, ovviamente a microfono e camera muti.
Caffè, computer nel soggiorno, caffè e e-cig d’ordinanza per sopravvivere allo stress. Convenevoli uguali a mille altri in cam e via, inizio la lezione.
Il mio inglese prende coraggio dopo una decina di minuti, mi aspettano due ore di lezione frontale: ma cosa avranno da ascoltarmi così a lungo?
Non finisco il pensiero e la vedo scivolare fuori dalla stanza da letto, occhi stropicciati e gambe in mostra, coda di cavallo tenuta da un elastico. Indossa uno slip e una mia camicia, provvidenzialmente ...
... semi-aperta sul seno. Appoggia una mano allo stipite della porta, sorride un po’, in silenzio, il culo e l’anca in evidenza, una sfida sognante. Le ho rotto talmente tanto le scatore con questa lezione che mi odierà un po’.
Mi scivola dietro, facendo attenzione a non comparire nell’inquadratura. La sua pelle e il suo odore mi distraggono sempre, ma continuo, non posso interrompermi per così poco, è una lezione importante.
Ma il profumo mi colpisce, come saperla con me, con così poco tessuto addosso. I capezzoli che sfiorano la mia camicia, quasi a farsi largo per uscire. Torna nella stanza, una tazza di tè fumante in mano. Si mette su una sedia poco distante da me, mi guarda fare lezione, si scalde le mani con la tazza, dio quanto mi piacciono le sue mani, sorseggia appena.
Continuo a parlare, sempre in inglese. Ma lei è nel pieno del mio campo visivo.
Prende un post-it, scrive qualcosa, nascondendomelo. Poi me porge sotto agli occhi, tutto sempre invisibile alla cam: “Mi ecciti, Professore”.
Cazzo. Ho appena iniziato una lezione di due ore, parlo io, in inglese, e la cam inquadra il mio mezzo busto. Mi bastano tre due parole e una virgola per iniziare a eccitarmi. Spero decida di fermarsi qui.
Ma non sarebbe chi è, se si fermasse. Non sarebbe qui.
Nella sedia di fianco alla mia inizia a sfiorarsi la pelle delle cose con le mani aperte. Silenziosa, ma i rumori mi avvolgono la mente. I suoi gemiti, di questa notte. L’ho torturata a lungo, l’ho privata di molti ...