1. L'ultimo bicchiere


    Data: 04/10/2021, Categorie: Sentimentali Autore: SARAH BOLDRIN, Fonte: EroticiRacconti

    La lingua scivola lenta sul labbro inferiore, costretto tra i denti, in cerca di quel sapore di Vodka.
    
    Un riflesso condizionato per gustare quell’istante in cui le nostre bocche si sono cercate.
    
    Ogni volta che questo gesto diventa consapevole la mano scivola sino a coprire il naso, quasi a creare una mascherina, in cerca del tuo profumo ormai sbiadito sulle dita.
    
    La mente ricorda ciò che la pelle ha cancellato: lo shock olfattivo, così intenso da farmi chiudere gli occhi in un flash back emozionale.
    
    Sono le ore 08:00 della mattina, il cuscino è ancora impresso sulla mia guancia e avrei bisogno di un caffè, eppure i piedi sfidano il freddo del marmo e mi portano davanti alla vetrinetta dei liquori.
    
    Allungo la mano alla cieca, ma il tatto è un alleato formidabile: tra una bottiglia bombata e una affusolata trovo lei, quella di Rum invecchiato sette anni.
    
    Apro e ne inalo avida l’essenza, ne lascio scivolare qualche goccia sulle dita che passo rapida sulle labbra.
    
    Sono sedotta e la voglia di te mi rapisce.
    
    Mi abbandono sul divano, con un bicchiere di droga in mano. La voglia cresce.
    
    Arruffo la seta avorio della camicia da notte sino a lasciare il pube scoperto.
    
    Scivolo sul divano obbligandomi a spiegare le gambe sul bracciolo.
    
    Le apro, intingo le dita nella Vodka e poi dentro di me sino a cercare il piacere, che arriva veloce.
    
    Mi coglie mentre t’immagino dentro me, io che nudo non ti ho visto mai. Sudata e ansimante, intingo le dita nel ...
    ... distillato e le succhio per assaporare quello che è diventato il sapore del piacere.
    
    Anche questa mattina abbiamo fatto l’amore, anche questa mattina mi hai fatto godere.
    
    Chissà come sarebbe stringerti tra le cosce.
    
    Scoprire la sensazione della tua giovane pelle a contatto con la mia. Sì, anche oggi non ti chiamo.
    
    Non posso chiamarti. Tu non lo fai. Io non posso farlo.
    
    È l’anagrafe che ci separa. Prima di quella sera non mi ero posta la domanda o non volevo farmela, rapita dai tuoi occhi caldi come la cioccolata d’inverno.
    
    Frastornata dalla facilità di far tuo il mio idioma, dall’ingombranza della tua figura snella ma imponente. Ipnotizzata dal suono dei metalli ai tuoi polsi. Perché fare una domanda scomoda? Perché scoprire una differenza che mi avrebbe messa a disagio. Meglio non sapere per accettare il tuo invito a cena. Ho sperato che nel momento in cui ti avessi rivisto l’incantesimo, si sarebbe interrotto, convita che le bollicine avessero amplificato e idealizzato il sapore di quella serata fatta di leggerezza in cui ci siamo conosciuti. Stupida me.
    
    E mi ritrovo lì ad aspettarti davanti al ristorante.
    
    Il tintinnio dei tuoi bracciali perfora l’aria fredda per arrivare dritto alle mie sinapsi.
    
    Abbandono lo Smarthphone e ti guardo avanzare nella nebbia. Stupida me.
    
    Ti bacerei ancor prima che tu possa proferire parola. Stupida me. Cerco di attivare tutte le barriere difensive, prendere le distanze e darmi un tono.
    
    Sono una donna. Almeno ...
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