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    Data: 09/11/2018, Categorie: Etero Autore: Regina_di_spine, Fonte: RaccontiMilu

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    Come iniziare questo racconto?
    
    Proprio non saprei, forse come tutte le storie… dal loro inizio.
    
    Dominare un uomo, poterlo sottomettere, guardarlo mentre ha i polsi legati da un semplice foulard.
    
    Non assecondare il suo volere. Ma solo il mio piacere.
    
    Sentire quel suo desiderio trattenuto.
    
    Quel voler condurre…
    
    Non m’importava la loro età, tanto meno la loro vita.
    
    Uomini di potere, uomini sposati, single, leader di settore, leader nel campo della delinquenza
    
    non mi interessava.
    
    Solo il neutralizzare quella loro sicurezza e quella loro autorità a me importava.
    
    Renderli vulnerabili, assetarli di piacere, e poi… lasciarli nella totale consapevolezza che non mi avrebbero avuto mai.
    
    E se fino a ieri il termine giusto per me era Dominatrice, oggi devo constatare che Sottomessa mi si addice anche.
    
    Non ho scelto io questo cambiamento, ma un uomo. Entrato nella mia vita quasi per caso, e per lo stesso caso ha superato tutti i miei muri di recinzione in cui mi sentivo protetta. Giunto di fronte a quella mia sfera personale di cui le pareti non solo erano impenetrabili, ma anche avvolte da rovi pieni di spine, qualcosa cambiò.
    
    Era tutto molto più facile prima, io decidevo, io imponevo, io avevo il potere.
    
    Ma poi lui arrivò. Si prese quel potere che tanto custodivo avidamente e tutto prese a girare alla rovescia.
    
    ……..
    
    “Conta!”
    
    Un solo numero dovevo dire, avevo appena serrato istintivamente le gambe, lui scosse la testa in ...
    ... segno di disapprovazione. Sapeva che non mi aveva causato un dolore eccessivo e sapeva anche quanto piacere stavo provando.
    
    Quella parola, non voleva uscire, era fatta solo di tre lettere, piccola, corta, ma nella mia testa era come un contratto a tempo indeterminato da dover accettare.
    
    Da quel momento avrebbe comandato lui.
    
    “UNO”
    
    Avevo accettato.
    
    Dovetti riaprire le gambe, una seconda ondata di dolore mi accese un immediato piacere. La sua voce era bassa, profonda e meravigliosamente autoritaria.
    
    “Dovresti dire due”
    
    “E SE IO NON VOLESSI ?”
    
    “Il gioco si concluderebbe qui. Nulla è obbligo e nulla è imposto.”
    
    Forse era questo il suo potere, convincermi che in fondo il potere lo avevo ancora io.
    
    “DUE”
    
    Poi si ripeté, il piacere era intenso, il dolore lo valorizzava.
    
    “TRE”
    
    Probabilmente era l’attesa, quel silenzio che intercorreva, quella sensazione, quel desiderio di appagare le sue richieste che nel frattempo mantenevano vivo il mio piacere.
    
    Le sue mani, la sua bocca, si muovevano consapevoli sul mio corpo. Solo il mio respiro, spesso irregolare, indottrinava il suo movimento, ma per il resto a condurre era la sua fantasia.
    
    Io ormai ero in suo potere.
    
    Passò diverso tempo quando lui si ripresentò alla mia porta.
    
    Troppo tempo.
    
    Il mio istinto selvatico mi aveva già ricondotto alla difensiva. Quei muri erano stati rinforzati, non poteva trovare come tutto aveva lasciato, non poteva pretendere che ci sarebbe stato un QUATTRO. Molto ...
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